Il mondo delle criptovalute affascina ogni anno sempre più persone, dagli imprenditori ai semplici studenti. Non è facile spiegare con parole semplici una materia così complessa, ora che il pubblico non è più una nicchia ristretta, ma la massa. Qualcuno, però, dovrà pur farlo. Nell’articolo di oggi parleremo di blockchain, un argomento su cui si tende a fare ancora molta confusione.
Per prima cosa spiegheremo cos’è la blockchain, in modo da avere subito un quadro generale. In seguito approfondiremo il tema aggiungendo altri elementi, al fine di realizzare una guida semplice e allo stesso tempo completa.
Cos’è la blockchain?
Iniziamo dalle basi: il significato letterale di blockchain è catena di blocchi, secondo la traduzione dall’inglese all’italiano delle parole chain (catena) e block (blocchi). Tale definizione però non è di nessuna utilità a chi vuole capire cos’è davvero la blockchain.
Cerchiamo allora di spiegarlo meglio. Immagina la blockchain come un grande registro condiviso, le cui informazioni sono accessibili a chiunque, dove ogni blocco corrisponde a una nuova transazione.
La blockchain è regolata da tre principi base:
- non è modificabile;
- è sicura;
- non ha un’autorità centrale.
Ricapitolando, la blockchain è un registro condiviso e non modificabile di dati crittografati, che si basa su un sistema decentralizzato.
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Qual è la differenza tra blockchain e Bitcoin?
Uno dei motivi che genera più confusione sull’argomento è la frequente sovrapposizione tra blockchain e Bitcoin. Per semplificare, c’è chi pensa che blockchain e Bitcoin siano la stessa cosa, ma in realtà non è affatto così.
Sarebbe infatti un po’ come dire che Windows e Paint sono uguali, oppure che Android e Google Chrome sono sovrapponibili.
Per spiegare in parole semplici la differenza che c’è tra la blockchain e Bitcoin, immagina la blockchain come un sistema operativo e il Bitcoin come un’applicazione. Facile, no?
La blockchain non è altro che un registro crittografato in cui vengono annotate (ad esempio) le transazioni di una criptovaluta come il bitcoin (è possibile annotare anche una gran varietà di altri dati). Per transazioni si intendono gli spostamenti di bitcoin, da un portafoglio digitale (wallet) a un altro. Nei prossimi paragrafi, saremo ancora più dettagliati in questa spiegazione, introducendo il termine smart contract.
Chi ha inventato la blockchain?
Se oggi molte persone confondono blockchain e Bitcoin la “colpa” è anche di Satoshi Nakamoto, che nel 2008 inventò la blockchain per registrare le future transazioni in Bitcoin.
All’inizio, dunque, c’era un forte legame tra la blockchain e la criptovaluta oggi più famosa al mondo. Ora però che sono trascorsi più di 10 anni le cose sono cambiate: la blockchain si è evoluta, non è più solo un sistema usato per le transazioni delle criptovalute.
Ad esempio certifica la provenienza di un prodotto alimentare, pone al sicuro il diritto d’autore, ed è il punto di riferimento per chi vuole registrare un nuovo brevetto.
In che modo? È arrivato il momento di parlare degli smart contract.
Cosa sono gli smart contract?
Letteralmente, la parola smart contract è traducibile in “contratti intelligenti”. Per essere più precisi, gli smart contract sono dei protocolli informatici che rendono automatica la verifica e il rispetto delle clausole di un contratto.
Benissimo, ma cosa c’entra la blockchain?
La blockchain è il sistema ideale su cui si basano gli smart contract: grazie a essa gli utenti che stipulano un contratto e definiscono le clausole if/then tramite smart contract hanno la garanzia che:
- tutte le operazioni sono gestite in autonomia e in maniera automatica dalla blockchain
- le informazioni sono al sicuro grazie alla crittografia
- i dati sono accurati, non c’è il rischio di errori o scarsa precisione
- le clausole non sono modificabili dalle parti
- gli obblighi contrattuali sono trasparenti
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Come funziona la blockchain
Per capire il funzionamento della blockchain prendiamo come esempio il trasferimento di criptovaluta, una delle operazioni più frequenti in questo campo. La transazione si basa su una crittografia a doppia chiave, una privata e una pubblica. La chiave privata permette ai due utenti di rendere disponibile la quantità di criptovaluta stabilita in precedenza per lo scambio, invece la chiave pubblica nasconde il contenuto della transazione per procedere con la validazione e la successiva aggiunta dei blocchi tramite uno dei protocolli previsti.
La chiusura della transazione presuppone il suo inserimento in un blocco. Uno dei due soggetti presenta la transazione alla blockchain, pagando una commissione ai cosiddetti validatori, le figure che svolgono il lavoro computazionale durante la prova di lavoro. In genere la transazione con una commissione più alta ha la precedenza rispetto alle altre, viene cioè archiviata prima nella blockchain.
Ciascun blocco, dunque, include la lista delle transazioni validate e un hash identificativo sulla base della prova di lavoro indispensabile per la validazione. Nello specifico, l’hash è trascritto nell’header del blocco che segue subito dopo. Poiché ogni hash dipende dal contenuto di un blocco, ogni tentativo di modifica di quest’ultimo renderebbe impossibile la verifica dell’hash e di conseguenza farebbe saltare sia il blocco della transazione di riferimento sia gli altri blocchi successivi.
Protocolli di validazione
Come accennato qui sopra, l’inserimento di un blocco nella blockchain richiede un processo di validazione, o meglio un “consenso distribuito“. Il meccanismo che regola il consenso della rete determina anche le modalità di aggiornamento e modifica delle informazioni presenti nel registro da parte della rete.
A questo proposito si parla di algoritmi di consenso o protocolli di validazione: i più diffusi sono Proof of Work (PoW) e Proof of Stake (PoS). Essi svolgono un ruolo cruciale all’interno della blockchain, dal momento che garantiscono la sicurezza e l’integrità delle informazioni presenti sui registri.
Proof of Work, traducibile in prova di lavoro, si basa sulla risoluzione di problemi matematici complessi. Il PoW è strettamente legato con il mining: i cosiddetti miners devono risolvere il problema matematico così da trovare l’hash di collegamento tra un blocco e l’altro (la soluzione) e ricevere in cambio una ricompensa (un Bitcoin o un’altra criptovaluta). La successiva convalida del blocco necessita del consenso degli altri nodi della rete, che ripetono l’operazione risolta dal miner per verificarne l’esattezza.
Importante: soltanto il primo miner che riesce a trovare la soluzione è idoneo a ottenere la ricompensa.
Il Proof of Stake nasce come alternativa al Proof of Work per trovare una soluzione ai problemi legati all’ingente richiesta di energia ed elettricità del primo algoritmo di consenso. Nel PoS il processo di mining viene sostituito dall’impegno da parte dei cosiddetto validatori di una quota delle proprie criptovalute. La procedura di selezione dei validators prende in considerazione fattori quali l’ammontare della quota di criptovalute depositata e la longevità del deposito stesso.
Nota: l’algoritmo di consenso Proof of Stake, a differenza del PoW, prevede come ricompensa una fee trattenuta sulla transazione validata.
Fork
In precedenza abbiamo scritto che la blockchain è immutabile: vero, però questo non significa che il protocollo o la sua documentazione non possano essere aggiornati. Questa operazione prende il nome di fork e deve essere accettata da tutti gli utenti che partecipano alla blockchain.
L’obiettivo primario di un fork è migliorare la velocità delle transizioni, tramite l’implementazione di un nuovo codice.
Nell’ambito della blockchain, ci sono due tipi di fork:
- hard fork
- soft fork
Con hard fork si intende una scissione netta dalla blockchain originaria, quindi la creazione di un nuovo codice sorgente che non prevede lo scambio di dati tra le due reti.
Invece soft work fa riferimento a una scissione più lieve, dopo la quale si mantiene la retrocompatibilità con la blockchain usata prima.
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Tipologie
La blockchain può essere costruita in vari modi, ecco perché ne esistono varie tipologie:
- Blockchain pubblica: chiunque vi può accedere e partecipare. È stata la prima forma di blockchain a vedere la luce nel 2008, quando Satoshi Nakamoto inventò la blockchain per registrare le transazioni con la criptovaluta Bitcoin.
- Blockchain privata: a differenza di quanto accade in quella pubblica, è controllata da un’unica organizzazione che determina chi può effettuare transazioni e partecipare alla loro validazione.
- Blockchain di un consorzio: a decidere i criteri di accesso e partecipazione è un gruppo prestabilito di aziende o imprenditori.
Volendo entrare più nel dettaglio, la blockchain pubblica (o permissionless) fa riferimento alla prima era, quando era impiegata soltanto nel settore delle criptovalute. Anno dopo anno la blockchain si diffonde in altri ambienti, che hanno la caratteristica di essere semichiusi o chiusi.
Da qui la necessità di introdurre una nuova tipologia che prende il nome di blockchain permissioned. Per concludere, le blockchain private sono spesso e volentieri il risultato della nascita di consorzi per determinati settori di mercato.
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